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Un omaggio a Collodi









Come andò che maestro Ciliegia, falegname,
trovò un pezzo di legno, che piangeva
e rideva come un bambino.


Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno
al suo amico Geppetto, il quale lo prese
per fabbricarsi un burattino meraviglioso,
che sappia ballare, tirar di scherma
e fare i salti mortali.
 










Dopo che Mastro Ciliegia gli regalò
un pezzo di legno.
Geppetto prese gli arnesi e si mise subito
a intagliare il suo burattino.
Come lo chiamerò? - disse fra sè e sè.
Lo chiamerò Pinocchio.
Questo nome gli porterà fortuna.
 








Piglialo, piglialo - urlava Geppetto. -
Ma pinocchio,quando si avvide da lontano
del Carabiniere che barricava tutta la strada,
s’ingegnò di passargli per sorpresa, framezzo
alle gambe, e invece fece fiasco.
Il Carabiniere senza punto muoversi, lo acciuffò
pulitamente per il naso, era un nasone spropositato,
che pareva fatto apposta
per essere acchiappato dai Carabinieri.
 









Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace:
ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene
di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel
che avviene a tutti gli altri ragazzi,
vale a dire mi manderanno a scuola (...)
Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!..
Perché sei un burattino e, quel che è peggio,
perché hai la testa di legno.
A queste ultime parole Pinocchio saltò su tutt’infuriato,
e preso sul bancoun martello
di legno, lo scagliò contro il Grillo-Parlante.
 







Tornando a casa bagnato come un pulcino (...)
si mise a sedere appoggiando i piedi fradici e
impillaccherati sopra un caldano pieno di brace
accesa, e lì si addormentò; e nel dormire
i piedi che erano di legno, gli presero
fuoco e adagio adagio, gli si
carbonizzarono diventando cenere (...)
Geppetto prese in mano gli arnesi del mestiere
e due pezzetti di legno stagionato (...)
e meno d’un’ora i piedi erano bell’e fatti.
 






Geppetto vende la vecchia casacca di fustagno,
tutta toppe e rimendi per comprare l’abbecedario
a Pinocchio. Il pover’uomo era in maniche
di camicia, e fuori nevicava.
E la casacca babbo?- L’ho venduta.
Perché l’avete venduta? Perché mi faceva caldo.
Pinocchio capì questa risposta al volo (...) saltò al
collo di Geppetto e cominciò a baciarlo per tutto
il viso - (...) perché la miseria, quando è miseria davvero,
la intendono tutti, anche i ragazzi.
 









Smesso che fu di nevicare, Pinocchio, (...) prese la
strada che menava alla scuola: e strada facendo,
fantasticava nel suo cervellino mille ragionamenti
e mille castelli in aria.
 








Pinocchio vende l’abbecedario per andare a vedere
il teatrino dei burattini. (...)
Che cosa sia questa musica? - peccato che debba
andare a scuola, se no (...)
E li rimase perplesso. A ogni modo, bisogna
prendere una risoluzione; o a scuola,
o a sentire i pifferi (...)
Oggi andrò a sentire i pifferi, e domani a scuola;
per andare a scuola c’è sempre tempo,
disse finalmente quel monello.
 







Il giorno dipoi Mangiafuoco chiamò in disparte
Pinocchio e gli domandò:
Come si chiama tuo padre?
Geppetto.
E che mestiere fà?
Il povero.
Guadagna molto?
Guadagna tanto, quanto ci vuole per non aver
mai un centesimo in tasca.
Povero diavolo! Mi fai quasi compassione.
Ecco qui cinque monete d’oro. Vai subito a
portargliele e salutalo tanto da parte mia.
 










Cammina, cammina, cammina, alla fine
sul far della sera, arrivarono stanchi morti
all’osteria del Gambero Rosso.
Fermiamoci un po' qui - disse la volpe - tanto per
mangiare un boccone e per riposarci qualche ora.
A mezzanotte poi ripartiamo per essere domani
all’alba, nel Campo dei miracoli.
 










Ho capito- disse allora uno di loro,
bisogna impiccarlo!
Impicchiamolo! - ripeté l’altro.
Detto fatto, gli legarono le mani dietro le spalle,
e passandogli un nodo scorsoio intorno alla gola,
lo attaccarono penzoloni al ramo di una grossa
quercia, detta la Quercia Grande.

 








La bella Bambina dai capelli turchini fa
raccogliere il burattino; lo mette a letto, e chiama
tre medici per sapere se sia vivo o morto.
I medici arrivano subito, uno dopo l’altro: arrivò,
cioè, un Corvo, una Civetta e un
Grillo-Parlante. (...)
Mi dispiace - disse la Civetta - di dover
contraddire il Corvo, mio illustre collega: per me,
invece, il burattino è sempre vivo, ma se
per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe
segno che è morto davvero!
 







Piuttosto morire, che bere quella medicina cattiva.
A questo punto, la porta della camera si
spalancò ed entrarono dentro quattro conigli
neri come l’inchiostro, che portavano sulle
spalle una piccola bara da morto.
Che cosa volete da me? gridò Pinocchio,
rizzandosi tutto impaurito a sedere sul letto.
Siamo venuti a prenderti,
- rispose il coniglio più grosso.
O Fata mia, o Fata mia, (...) non voglio
morire, no... non voglio morire.
E preso il bicchiere con tutt’e due le mani,
lo vuotò in un fiato.
 









E la Fata lo guardava e rideva,
Perchè ridete? Gli domandò il burattino,
tutto confuso e impensierito di quel suo
naso che cresceva a occhiate.
Rido della bugia che hai detto.
Come mai sapete che ho detto una bugia?
Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito,
perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie
che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno
il naso lungo: la tua per l’appunto è di
quelle che hanno il naso lungo.
 










E il Campo dei miracoli dov’è? -domandò Pinocchio.
E’ qui a due passi.- Detto fatto traversarono
la città e, usciti fuori delle mura,
si fermarono in un campo solitario che,
su per giù, somigliava a tutti gli altri campi.
-Eccoci giunti- disse la volpe al burattino.
Ora chinati giù a terra, scava con le mani
una piccola buca nel campo
e mettici dentro le monete d’oro.
 








Pinocchio è derubato delle monete d’oro e,
per castigo, si busca quattro mesi di prigione.

Se escono di prigione gli altri, voglio uscire
anch’io -disse Pinocchio al carceriere.
Voi no, -rispose il carceriere - perché voi non
siete del bel numero (...)
-Domando scusa, -replicò Pinocchio sono un
malandrino anch’io.
In questo caso avete mille ragioni,
-disse il carceriere; e levatosi il berretto
rispettosamente, e salutandolo, gli aprì le
porte della prigione e lo lasciò scappare.
 



Liberato dalla prigione,si avvia per
tornare a casa della Fata; ma lungo
la strada trova un serpente orribile.

Aveva veduto un grosso serpente, disteso
attraverso alla strada, che aveva la pelle verde,
gli occhi di fuoco e la coda appuntata, che
gli fumava come una cappa di camino. (...)
Scusi, signor Serpente, che mi farebbe il
piacere di tirarsi un pochino da una parte,
tanto da lasciarmi passare? Fu come dire al muro.
Nessuno si mosse. (...) Che sia morto davvero?
-disse Pinocchio dandosi una sfregatina di mani
dalla gran contentezza: e senza mettere tempo
in mezzo, fece l’atto di scavalcarlo, per passare
dall’altra parte della strada. Ma non aveva
ancora finito di alzare la gamba, che il serpente
si rizzò all’improvviso, come una molla scattata:
e il burattino, nel tirarsi indietro, spaventato,
inciampò e cadde in terra. E per l’appunto cadde
così male, che restò col capo conficcato nel fango
della strada e con le gambe ritte su in aria.
 


Pinocchio scopre i ladri di polli e,
in ricompensa viene liberato.


Una di quelle faine, staccandosi dalle sue compagne,
andò alla buca del casotto e disse sottovoce:
Buona sera, Melampo.
Io non mi chiamo Melampo, -rispose il burattino.
O dunque chi sei? Io sono Pinocchio. E che fai costì?
Faccio il cane da guardia.
O Melampo dov’è (...)
E’ morto questa mattina.
Morto? -povera bestia! Era tanto buono! (...)
anche te mi sembri un cane di garbo.
Domando scusa,io non sono un cane!...
O chi sei? Io sono un burattino.
E fai da cane da guardia?
Purtroppo: per mia punizione!
Ebbene, io ti propongo gli stessi patti,
che avevo col defunto Melampo:
e sarai contento (...) Dormi dunque tranquillamente,
e stai sicuro che prima di partire di qui,
ti lasceremo sul casotto una gallina bell’è
pelata per la colazione di domani.

 




Pinocchio piange la morte della bella
Bambina dai capelli turchini.

(...) Allora ebbe una specie di tristo presentimento
e datosi a correre con quanta forza gli rimaneva
nelle gambe, si trovò in pochi minuti sul prato
dove sorgeva una volta la casina bianca.
Ma la casina bianca non c’era più. C 'era invece,
una piccola pietra di marmo sulla quale
si leggevano in carattere stampatello queste parole:

QUI GIACE LA BAMBINA DAI CAPELLI
TURCHINI MORTA DI DOLORE
PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO FRATELLINO PINOCCHIO.
 





Pinocchio arriva all’isola delle “Api industriose”
e ritrova fa Fata.


Pinocchio promette alla Fata di essere
buono e di studiare.


E anche il maestro se ne lodava, perché lo vedeva
attento, studioso, intelligente, sempre il primo
a entrare nella scuola, sempre l’ultimo
a rizzarsi in piedi a scuola finita.
Il solo difetto che avesse era quello di bazzicare
troppi compagni e fra questi c’erano molti monelli conosciutissimi per la loro poca voglia
di studiare e di farsi onore.
 




Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi
compagni: uno dè quali essendo ferito,
Pinocchio viene arrestato dai Carabinieri.


Quindi si volsero a Pinocchio e dopo averlo
messo in mezzo a loro due, gl’intimarono
con accento soldatesco;
Avanti e cammina spedito! Se no, peggio per te!
Senza farselo ripetere, il burattino cominciò a
camminare per quella viottola, che conduceva
al paese. Ma il povero diavolo non sapeva più
nemmeno lui in che mondo si fosse. Gli pareva
di sognare, e che brutto sogno! Era fuori di sé.
I suoi occhi vedevano tutto doppio: le gambe
gli tremavano: la lingua gli si era attaccata al palato
e non poteva più spiccicare una sola parola.
Eppure, in mezzo a quella specie di stupidità e di
rintontimento una spina acutissima gli bucava
il cuore: il pensiero, cioè, di dover passare sotto
le finestre di casa della sua buona Fata,
in mezzo ai Carabinieri:
Avrebbe preferito piuttosto di morire.
 



Pinocchio corre il rischio di essere fritto
in padella,come un pesce.

L’ultimo che restò nella rete fu Pinocchio.
Appena il pescatore l’ebbe cavato fuori, sgranò
dalla meraviglia i suoi occhioni verdi, gridando
quasi impaurito: Che razza di pesce è questo? (...)
Ho capito dev'essere un granchio di mare.
Allora Pinocchio, mortificato di sentirsi scambiare
per un granchio, disse con accento risentito:
Ma che granchio e non granchio? Guardi come
lei mi tratta! Io per sua regola sono un burattino.
(...) Tu scherzi! Ti pare che io voglia perdere l’occasione
di assaggiare un pesce così raro?
Non capita mica tutti i giorni un pesce burattino
in questi mari. (...) Mentre il pescatore era
proprio sul punto di buttar Pinocchio nella padella,
entrò nella grotta un grosso cane condotto
là dall’odore acutissimo e ghiotto della frittura.
Passa via! -gridò il pescatore minacciandolo
e tenendo sempre in mano il burattino infarinato.
Salvami, Alidoro! Se non mi salvi, son fritto.
 







Ed allora avvenne una scena, che parrebbe
incredibile, se non fosse vera. 
Avvenne, cioè, che Pinocchio e Lucignolo,
quando si videro colpiti tutt’e due dalla medesima
disgrazia, invece di restar mortificati e dolenti,
cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi
smisuratamente cresciuti, e dopo mille sguaiataggini
finirono col dare in una bella risata. (...)
Aiuto, aiuto,Pinocchio!
Che cos’hai? Ohimè!
Non mi riesce più star ritto sulle gambe.
Non mi riesce più neanche a me,
-gridò Pinocchio, piangendo e traballando.-(...)
Invece di gemiti e di lamenti, mandavano
fuori dei ragli asinini: e ragliando sonoramente,
facevano tutt’e due in coro: j-a, j-a, j-a.
 


Il ciuchino Pinocchio, gettato in mare, è
mangiato dai pesci,e ritorna ad essere un
burattino come prima; ma mentre nuota per
salvarsi, è ingoiato dal Pescecane.


Pinocchio ritrova in corpo al Pescecane.- (...) chi trova?
Trovò una piccola tavola apparecchiata, con sopra
una candela accesa infilata in una bottiglia, (...)
e seduto a tavola un vecchiettino tutto bianco, (...)
A quella vista il povero Pinocchio ebbe un’allegrezza
così grande e così inaspettata, che ci mancò un’ette non
cadesse in delirio. (...) spalancando le braccia e
gettandosi al collo del vecchietto, cominciò a urlare:
-Oh! babbino mio! Finalmente vi ho ritrovato!
Ora non vi lascio più, mai più. Dunque gli occhi
mi dicono il vero? -replicò il vecchietto stropicciandosi
gli occhi. - Dunque tu sè proprio il mio caro Pinocchio?
(...) giunti alla riva, Pinocchio saltò a terra il primo,
per aiutare il babbo a fare altrettanto: poi si voltò al
Tonno, e con voce commossa gli disse: -Amico mio,
tu hai salvato il mio babbo! Dunque non ho parole per ringraziarti abbastanza! Permetti almeno che ti dia
un bacio in segno di riconoscenza eterna!
 





Finalmente Pinocchio cessa d’essere un
burattino e diventa un ragazzo.


Levatemi una curiosità, babbino: ma come si
spiega tutto questo cambiamento improvviso?
-gli domandò Pinocchio saltandogli al collo e
coprendolo di baci. Questo improvviso
cambiamento in casa nostra è tutto merito tuo,
-disse Geppetto. Perché merito mio? (...)
Perché quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni,
hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo
e sorridente anche all’interno delle loro famiglie. (...)
com’ero buffo, quand’ero un burattino! e come ora
son contento di essere diventato un ragazzino perbene!
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